The Salvation – Recensione
Il western e il suo mito. Un omaggio, un gioco, una rivisitazione. E’ tutto questo The Salvation, storia classica di vendetta e riscatto ambientata nel polveroso e selvaggio west firmata dall’eclettico regista danese Kristian Levring (tra i fondatori del movimento Dogma 95 insieme ai registi Von Trier, Vinterberg e Jacobsen).
E’ il 1870, in una terra preda di colonizzatori e fuorilegge, l’immigrato danese Jon (Mads Mikkelsen) aspetta da sette anni di portare la moglie e il figlio di dieci anni in America. Finalmente, dopo anni di duro lavoro, riesce a farsi raggiungere dalla sua famiglia. Ma non appena arrivati, la donna e il bambino vengono brutalmente uccisi senza che Jon riesca a impedirlo. Distrutto dal dolore, Jon uccide il responsabile dell’omicidio: il fratello del colonnello Delarue (Jeffrey Dean Morgan). Questo atto innesca la vendetta dello spietato colonnello, un bandito che tiene sotto scacco il villaggio di Black Creek e che è pronto a tutto pur vendicare la morte del fratello. Ormai isolato dalla comunità, Jon si vede costretto a trasformarsi da uomo pacifico e perbene in guerriero spietato.
“Una storia di vendetta e rinascita in uno scenario leggendario” la definizione data dal regista al suo film parla da sola.
Una famiglia spezzata, assassini giustiziati, un uomo solo con il suo dolore, la sua forza, la sua vendetta. Gli ingredienti sono quelli del western tradizionale, nulla di più e nulla di meno, ma la confezione è di lusso.
Il mondo senza legge né giustizia del vecchio west e la realtà degli europei immigrati che lo popolavano e che sono sopravvissuti: la cornice della storia è delle più classiche. Su questo sfondo ecco muoversi, come su un palcoscenico teatrale, i tipici caratteri da western: un gruppetto di ‘cattivoni’ senza scrupoli che seminano terrore e violenza, il sindaco corruttibile, lo sceriffo codardo e inerme, il giovanotto testardo che vuole aiutare a tutti i costi imbracciare il fucile per aiutare l’eroe, la bella cattiva (ma forse no). E poi lui, l’eroe suo malgrado, l’uomo onesto e tranquillo che si vede costretto a trasformarsi in sanguinario giustiziere.
Pochi dialoghi e molta azione: facce, gesti, luoghi, atmosfere.
La fotografia è quella tipica del vecchio genere western, satura e impreziosita dall’uso della Computer Graphic, i colori (dal giallo, all’ocra, al marrone) sono perfetti. La polvere, lo sporco, perfino i rumori, tutto è impeccabile.
La storia è, come detto, piuttosto scontata, ma se prendiamo il film come un sentito tributo al genere, come del resto sottolineato dallo stesso regista, allora i conti tornano (omaggiare maestri come John Ford o Sergio Leone era un sogno accarezzato da tempo da Levring).
Un gruppo di attori straordinari impreziosisce il quadro: l’immancabile divo danese Mads Mikkelsen, faccia perfetta per il ruolo dell’eroe vendicatore, Jeffrey Dean Morgan, un villain senza sbavature, Eva Green, due occhi come due fari, capaci di esprimere tutta la sofferenza di un personaggio che non parla mai (non vi sveliamo il perché). Partecipazioni speciali del grande attore britannico Jonathan Pryce e dell’ex calciatore Eric Cantona (che ormai vanta un curriculum cinematografico di tutto rispetto).
Presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes, il film vanta delle frecce al suo arco che vanno al di là di meriti puramente tecnici: non abbonda in violenza gratuita (la scena del massacro iniziale non è saggiamente mostrata), i personaggi, seppur stereotipati, sono degnamente caratterizzati, infine la regia delle sparatorie, concentrate soprattutto nella parte finale, è di tutto rispetto, con curatissime scelte di angolazioni.
Senza dire nulla di nuovo sul fronte del classico western, The Salvation salva comunque la faccia (perdonate il gioco di parole) e si colloca tra quegli omaggi sentiti, onesti e impeccabili a un genere dal fascino immortale.
Elena Bartoni