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Third Person – Recensione

Moran Atias, una delle protagoniste e produttrici di questa pellicola, negli ultimi giorni delle riprese di The Next Three Days, suggerì al regista Paul Haggis di scrivere un film dalla trama multipla, incentrato sull’amore e sulle relazioni e presto detto, Third Person prese vita.

Tutto ha inizio in una camera d’albergo di Parigi, dove lo scrittore Michael (Liam Neeson) si è rifugiato per completare il suo romanzo. L’uomo sta vivendo una relazione contrastata con la giovane scrittrice Anna (Olivia Wilde) che lo raggiunge in hotel. A Roma intanto, Scott (Adrien Brody) un particolare uomo d’affari incontra in un bar Monika (Moran Atias), una gitana bisognosa di denaro per ricongiungersi con la figlia e decide di aiutarla; a New York invece, Julia (Mila Kunis) un’ ex attrice di soap opera ora cameriera ai piani è impegnata in una battaglia legale per la custodia del figlio di sei anni contro l’ex marito Rick (James Franco).

Tre storie un unico amore, così lo presentava il trailer al cinema, ma Third Person è più un unicum per quanto riguarda gli argomenti trattati: l’amore verso gli altri e in particolare per i figli, la purezza di questo sentimento, la fiducia e il dolore.

In un intrecciarsi magnetico delle storie appunto, sottolineato da un montaggio molto fluido, il film ricorda l’esordio di Haggis alla regia con Crash – Contatto fisico (2004). Anche qui il regista e sceneggiatore è riuscito infatti a creare una trama suddivisa in storie di vita interconnesse, con situazioni, sentimenti ed argomenti, comuni.

Third Person infatti, potrebbe essere definito un puzzle dei sentimenti, che si costruisce e prende forma man mano. La sua elegante trama, che in alcuni punti lascia interdetto lo spettatore, viaggia tra realtà e la fantasia: i sentimenti, positivi o negativi costruiscono le storie ma è la fantasia che li innalza, sottolineata da un’accurata messa in scena che non lascia nulla al caso.

Sono i personaggi infatti, con le loro paure ed aneddoti più o meno dolorosi, che riescono ad insinuarsi dentro, attirano lo spettatore, quello più paziente e fedele ed esplodono definitivamente nel suo animo negli istanti finali, attimi nei quali si ritrova il bandolo della matassa.

Il film è costituito da scene strazianti, sensuali e sofferte, il tutto impreziosito da una regia e da inquadrature poetiche, per non parlare del convincente cast, tra cui spiccano maggiormente le interpretazioni femminili.

Complesso certo, ma anche ricco di significati, simbolismi e metafore, Third Person è quella pellicola che non ti aspetteresti. Un film sulla scrittura, che darebbe così un senso al titolo (lo scrivere in terza persona), ma anche una pellicola dove è lo spettatore a doversi “mettere nei panni di”: solamente in questo modo, identificandosi, sarà possibile vivere e capire appieno ciò che di profondo Haggis ha voluto dire.

Alice Bianco

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