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This must be the place – Recensione

La grande personalità registica di Paolo Sorrentino si misura in una nuova vibrante pellicola che ha per protagonista il due volte premio Oscar Sean Penn. This must be the place, questo il titolo del film che trae ispirazione da una splendida canzone dei Talking Heads, racconta la storia di Cheyenne, una rock star andato in pensione troppo presto e ormai trafitto da una noia che spesso interpreta come una leggera depressione. Cheyenne si trucca come quando si esibiva sul palco: rossetto rosso, cerone bianco e capigliatura arruffata e utilizza questa sorta di maschera per non affrontare la realtà. La morte del padre, un genitore con il quale non ha mai avuto praticamente un rapporto e che è convinto non lo abbia mai amato, lo riporta a New York e lo indurrà ad intraprendere un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti. Durante il suo viaggio, Cheyenne vuole rintracciare l’ex nazista che il padre cercava da tutta la vita, ma non sa che è esattamente ciò di cui ha bisogno per raggiungere una maturazione ed uscire da quella noia in cui la sua vita è piombata. This must be the place è dunque un road movie estremamente sofisticato, in cui la grande abilità registica di Sorrentino accompagna l’elegante e coinvolgente interpretazione di Sean Penn. La bravura di Penn, sicuramente coadiuvata da uno script ironico ed intelligente, rende il personaggio unico: il suo incedere sbilenco, la parlata lenta e quasi sussurata, il mondo infantile di scansarsi i capelli dal viso. Il look poi, ispirato a Robert Smith, leader dei Cure, è come una coperta di Linus che permette a Cheyenne di farsi scudo anche dei propri sentimenti. È  un personaggio che possiede gli aspetti più limpidi e commoventi dei bambini ed è evidente la sua crescita nello scorrere del film. Il motivo dell’Olocausto, pur restando spesso solo sullo sfondo, emerge con forza e drammaticità in alcune scene-chiave del film. Una nota di rilievo riguarda poi la colonna sonora: in This Must be the place la musica svolge un ruolo fondamentale, il rock ci trascina e ci coinvolge emotivamente. David Byrne, autore della colonna sonora, ci regala anche una notevole performance, interpretando se stesso, che rappresenta una delle scene di maggiore effetto nella pellicola. 

Sara D’Agostino
 

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