Tracks – Recensione
Dopo “Alice in Wonderland”, l’attrice Mia Wasikowska appare sugli schermi ad Alice Springs, Australia.
“Tracks” road movie che la vede protagonista, racconta la vera storia di Robyn Davidson (Mia Wasikowka), una ragazza che negli anni ’80 ha deciso di avventurarsi in un viaggio lungo 2700 km lungo le lande desertiche dell’Australia assieme alla sua cagnolina Diggity e ai tre cammelli a cui si era affezionata.
Cammelli come una sorta di animali domestici, ma perfetti compagni di viaggio, di un’avventura che ha portato la protagonista direttamente ai confini della Terra, immergendosi direttamente nella natura, viaggiando in solitario, ma sentendosi immersa nel suo microcosmo, fatto dell’affetto dei suoi animali.
Diggity che le ricorda moltissimo il cagnolino da cui era stata costretta a separarsi, sarà il suo partner principale durante il viaggio in solitario, rivelandosi una compagnia migliore di quella umana.
Rick Smolan (Adam Driver), il fotografo della National Geographic che ha voluto seguire ed aiutare la Davidson, infatti viene visto dalla ragazza come un peso, una compagnia non voluta, un filo troppo stretto che la collega forzatamente alla realtà. Un macrocosmo dal quale la Davidson ha cercato di alienarsi, apprezzando molto di più il contatto con la natura, sentendosi un animale in gabbia esattamente come i suoi “amici”, quando altri umani come lei la volevano intervistare o scattarle una foto.
Tracks ha quindi rappresentato una grande sfida sia per la Davidson reale che per la giovane Wasikowska, un’avventura che per quanto tale è stata caratterizzata da alti e bassi, ostacoli, momenti in cui mollare tutto sarebbe stata la scelta più giusta, ma la perseveranza e la voglia di contatto con la natura ha prevalso.
Selvaggia è anche l’aggettivo che meglio si addice alla giovane, anche se semi sconosciuta, Wasikowska che in questa pellicola dimostra come nonostante la giovane età riesca già ad essere versatile e pronta a qualsiasi sfida
“Tracks” stupisce, commuove e meraviglia lo spettatore, lo coinvolge e lo rende partecipe di questo viaggio che riesce ad allontanarlo per due ore dal mondo contemporaneo, dimostrando l’abilità di un regista come Curran non abituato a portare sullo schermo pellicole di questo genere.
Alice Bianco