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Tre Cuori – Recensione

Dopo il successo di Les adieux à la reine (2012), vincitore di tre Cesar, il regista Benoît Jacquot ritorna alla ribalta con una pellicola intima, romantica e sentimentale: 3 coeurs, la storia di un triangolo amoroso contemporaneo, giocato tutto sul tempismo e sul significato del destino. Un film che ruota attorno alla figura maschile di Marc, che la mette a nudo di fronte al pubblico, una scelta controcorrente per un regista abituato a ritrarre sempre soggetti femminili.

Una notte, nella provincia francese, avviene l’incontro casuale tra Marc (Benoït Poelvoorde) e Sylvie (Charlotte Gainsbourg). Essi passano alcune ore insieme scoprendo una forte intesa reciproca e prima che Marc salga sul primo treno della mattina verso Parigi, i due si danno appuntamento nella capitale qualche giorno dopo. Solamente Sylvie potrà presentarsi all’appuntamento, Marc però non si dà per vinto e si mette alla ricerca della donna. Durante le sue ricerche, egli conoscerà un’altra donna, che scoprirà essere la sorella di Sophie (Chiara Mastroianni).

Riprendendo uno dei soggetti più comuni del cinema e dei film romantici, la pellicola di Jacquot si presenta al pubblico del Festival per quello che è, una storia d’amore tormentata, che mette a confronto un uomo e i suoi istinti. Marc infatti, si presenta fin da subito come il tipico sciupafemmine che alla soglia dei cinquant’anni è ancora single, ma con la voglia di  farsi una famiglia.

Il lavoro, l’ultimo treno perso per la capitale e l’incontro fortuito con Sylvie gli cambiano la vita o così almeno sembra. L’appuntamento che i due si danno a Parigi per la settimana seguente si rivela il vero elemento da cui poi si sviluppa l’intera narrazione.

Una storia e una struttura di racconto che di per sé non presentano nulla di nuovo, per una pellicola che è letteralmente una ripetizione di luoghi ed elementi fin troppo comuni a tantissimi film del genere.

Jacquot ci prova ad imporre un proprio stile, affidandosi anche ad alcune tecniche tipiche della Nouvelle Vague (lunghe camminate per le strade deserte, carrellate a precedere e seguire), alla fotografia e ad una colonna sonora che si impone e rimane nella mente dello spettatore, in positivo o negativo.

Proprio la musica altisonante che accompagna alcune scene è funzionale in alcuni punti, ma la tensione è praticamente azzerata, questo a causa di una scontatezza di fondo che annienta anche le emozioni. L’innamoramento Marc-Sylvie e Marc-Sophie troppo repentini, ed alcune ellissi temporali, non contribuiscono inoltre a rendere più emozionante l’atmosfera.

Il risultato finale è quello di una pellicola che poteva essere un buon prodotto, con interpreti mediamente bravi, che però sarebbe potuto essere migliore, a cominciare dalla sceneggiatura, da alcune scelte registiche e da un maggiore sentimentalismo.

Alice Bianco

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