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Turner – Recensione

Già quando uscirono le prime immagini di Turner (Mr. Turner in originale), autobiografia sul famoso pittore inglese JMW Turner, Mike Leigh ci aveva conquistato, ma dopo la visione del film, quei pochi dubbi che ci erano rimasti, si sono dissipati.

Mr Turner è, infatti, un film memorabile, nel quale si entra dopo pochi secondi. Sì, perché il taglio che decide di dargli Leigh non è del solito, pedante film biografico, ma è qualcosa in più.

E’ un ritratto vivace, come gli stessi che faceva Turner, che il regista dipinge con la giusta dose d’ironia, facendo risaltare, in una vincente combinazione, gli aspetti d’artista del pittore, ma anche quelli più intimi, con dei momenti di vera poesia registica tanto quanto narrativa.

Mr Turner è un film tipicamente ‘Leighiano’, dove il suo modo di scrivere i dialoghi funziona anche qui, che siamo tra il ‘700 e l’800, forse ancora meglio del solito, quasi che essi sembrino provenire dalle pagine di Dickens.

Gran merito va anche a Timothy Spall che riesce a rappresentare Turner in maniera quasi perfetta, sicuramente convincente. Il pittore è qui una figura che colpisce per la sua irruenza, il cui benestare monetario gli permette di essere libero di esprimersi non solo con la sua arte, ma, soprattutto, con la sua bocca.

Ma Turner è anche una figura qui ritratta come disperatamente sola, che ha bisogno d’amore, ma che al tempo stesso non riesce a riconoscere quello che gli è stato donato dalle sue relazioni passate e, in particolar modo, quello che gli arriva dai propri figli.

Ed è anche una figura sofferente, cosciente (almeno in parte) di essere entrato nel tunnel dell’anaffettività, che raggiunge il suo apice in una delle scene più coinvolgenti del film dove il pittore, dopo essersi incontrato con una prostituta, scoppia a piangere, quando lei le rivela la sua giovane età.

E’ un percorso di vita di un uomo, prima che di un pittore, quello che Leigh sapientemente delinea. Un uomo che finisce per trattare il proprio padre, bisognoso d’amore quanto lui, in un umile servo, un uomo che colleziona amanti e si sente appagato per il fugace momento del tocco umano che poi si dissolve in un tunnel vuoto e senza affetto.

Anche la fotografia, elemento fondamentale soprattutto nei biopic di pittori, fa il suo lavoro con alcune scene davvero riuscite, come il paesaggio rappresentanto come una tela dipinta.

Mike Leigh riesce, ancora una volta, a gestire il tutto per il meglio, divertendosi nel narrare la biografia di questo pittore precursore dell’Impressionismo, che solo a tratti scende nel didascalico, ma che il più delle volte si lascia guardare con piacere.

Sara Prian

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