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Un Compleanno da Leoni – Recensione

Dopo il successo della trilogia di Una notte da leoni arriva nelle nostre sale la sua versione young adult, con una trama dai pochi spunti, il tutto seguito da una serie di banalità e clichè della peggior commedia americana che rasenta la volgarità e, a tratti, il ridicolo.

Jeff Chang (Justin Chon) è sempre stato uno studente modello, ma quando il giorno del suo 21esimo compleanno si presentano a casa sua due dei suoi migliori amici delle superiori, Miller (Miles Teller) e Casey (Skylar Astin), la sua giornata si rivolterà, trasformando il ragazzo in un party boy in grado, sotto i fiumi dell’alcol, di vedere la sua vita sotto una nuova prospettiva.

21 anni il passepartout per entrare nel mondo degli adulti, il giro di boa dove tutto cambia, dove da adolescenti si deve iniziare a pensare come persone mature, come persone pronte ad entrare nel mondo del lavoro e nella società.

Niente di nuovo insomma per la commedia firmata dai creatori di Una notte da leoni, ma con la quale condivide poco o niente. Di base certo c’è il gruppo di amici, l’amore-odio tra il terzetto, ma delle battute brillanti (in special modo del primo capitolo) e dei momenti esilaranti qui non c’è manco l’ombra.

Con “Un compleanno da leoni” siamo più dalle parti di Project X e dello sballo gratuito in virtù della morale finale tutta adolescenziale e del “crescere, che fatica”. Eterni Peter Pan o ragazzi già pronti ad indossare giacca e cravatta per entrare nel mondo del lavoro, sballarsi o studiare duramente per crearsi un’esistenza degna di nota. La pellicola continua a viaggiare su questi distici propendendo di più per il divertimento continuo ed imperterrito che deve essere vivo e presente per i 20enni; ci sarà tutto il tempo per fare i seri più avanti.

Casey, unico personaggio con la testa sulle spalle, non riesce nemmeno lui a portare in alto il valore di avere una coscienza, finendo per abbandonare gli stage lavorativi al fine di divertirsi sempre e comunque.

La pellicola diretta da Jon Lucas e Scott Moore, che ne firmano anche la misera sceneggiatura, è figlia della generazione attuale di cui ne traccia, più che un divertente ritratto, uno tristissimo dove non si salva nemmeno il valore dell’amicizia (“Quindi siamo ancora migliori amici?”  “No!”  “Figo!”). Ragazzi allo sbando, la generazione y e bruciata, che non desidera uscire dai cliché, a cui sta bene vivere solo di alcol e sballo, dove il futuro è qualcosa di cui non preoccuparsi.
 
A salvarsi, come detto, non è nemmeno la struttura narrativa banale e scontata che non raggiunge mai nessun picco, ma anzi annoia e infastidisce a causa di continue gag viste e riviste in film come American Pie e compagnia.

Un brutto film che fatica a reggersi sulle sue gambe con un cast assolutamente sprecato che non sembra nemmeno così convinto nel dover stare al gioco delle assurde scenette a cui è costretto a partecipare.

Sara Prian

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