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Un giorno devi andare – Recensione

Il cinema di Giorgio Diritti (Il vento fa il suo giro, L’uomo che verrà) è ricco di suggestioni come pochi autori nel panorama del cinema italiano contemporaneo. Attento e perspicace nel saper cogliere le sfumature del nostro tempo, Diritti con Un giorno dei andare parte per un viaggio che conduce lo spettatore alla “fine del mondo”. L’Amazzonia, la cui natura aspra, difficile, ma nello stesso tempo affascinante, è una sorta di non luogo nel quale fare i conti con l’inutilità di certi problemi che involontariamente sottoponiamo a noi stessi nel nostro vivere quotidiano.

Augusta è una giovane donna che deve fare i conti con un aspetto molto doloroso della vita: la mancata maternità. Decide così di allontanarsi dalla vita che conosce per recarsi, insieme a Suor Franca un’amica della madre, nel bel mezzo della giungla amazzonica, per poter lavorare a stretto contatto con le comunità indigene. Ma ad un certo punto di questo viaggio Augusta decide di proseguire da sola, immergendosi completamente nella realtà delle favelas, dove ritroverà se stessa e scoprirà i valori veramente importanti della vita.

La solitudine e la dimensione sconosciuta di un universo di povertà, sono gli strumenti con i quali ristabilire le proprie priorità, e Diritti ce li sottopone in una forma poetica e universale allo stesso tempo, concedendoci di vivere, insieme alla protagonista, un percorso di crescita e scoperta della propria consapevolezza. Un film che sa giocare coi silenzi, affidando alla bellezza ed intensità dei luoghi il compito di “parlare”, dove la propria esistenza non è più fatta solo di cose, materialmente parlando, ma di un sentire profondo che ristabilisce la pace. Il valore trascendentale della pellicola, in questo caso il sentire la vicinanza a Dio nel percorso intrapreso da Augusta, non viene trattato in modo tale che solo alcuni possano riconoscervisi, anzi, l’abilità e la bravura del regista sta proprio nell’aver reso universalmente condivisibile questo aspetto. A Diritti va il merito di saper convogliare energie e maturità registica in un film definito, dritto ed onesto nel suo messaggio, e di farlo con la bravura dei grandi maestri.

Serena Guidoni

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