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Una piccola impresa meridionale – Recensione

Un faro. Si, proprio un faro che si illumini nuovamente per guidare le vite di un gruppo di persone in fuga da sé stesse e dai loro errori. Un “refugium peccatorum” per chi ha smarrito la propria strada insomma.
Attorno a un vecchio faro abbandonato e scalcinato di un piccolo paese del Sud si raduna un gruppetto di persone diversissime ma accomunate da un forte un senso di disagio verso un mondo con cui non sono più in sintonia. Da qui prende l’avvio Una piccola impresa meridionale, nuova “impresa” cinematografica di Rocco Papaleo dopo l’inaspettato successo di Basilicata coast to coast che nel 2010 lo ha rivelato al grande pubblico.
Motore delle vicende del film è don Costantino (Papaleo) un prete che si è appena “spretato” e che viene confinato dalla madre in un vecchio faro dismesso perché nel piccolo paese di cui è originario non si sappia che ha abbandonato la toga. Mamma Stella (Giuliana Lojodice) infatti ha già un altro scandalo da affrontare: sua figlia Rosa Maria (Claudia Potenza) ha appena lasciato il marito Arturo (Riccardo Scamarcio) ed è scappata con un misterioso amante. Il vecchio faro, che appartiene alla famiglia di Costantino e che dovrebbe garantirgli l’isolamento, attira invece molta gente. Dopo l’ex prete, arriva l’ex prostituta dell’Est Magnolia (Barbora Bobulova), sorella di Valbona (Sarah Felberbaum) donna delle pulizie di mamma Stella, poi il cognato Arturo. Infine arriva una stravagante ditta di ristrutturazioni chiamata per riparare il tetto del faro. La piccola impresa meridionale è nel miracolo che si compie: la ristrutturazione del vecchio faro diventa l’inizio di una ristrutturazione più profonda per i personaggi che si sono installati lì e che impareranno a superare la soglia del pregiudizio e delle proprie paure.
Fare una virtù della propria imperfezione, guardare al futuro con occhi diversi, trovare di nuovo la luce di una speranza. Ecco la morale, se di morale si tratta.
Nel passaggio da una Basilicata ‘on the road’ a un sud più stanziale e volutamente imprecisato (in realtà le riprese si sono svolte nella bellissima e incontaminata penisola dei Sinis sarda), Papaleo racconta ancora storie di personaggi in crisi, tra piccole liti familiari, amori scandalosi, incontri inaspettati. E così tra un prete la cui vocazione era nata come impresa sportiva (tifava per Gesù l’eroe “che spargeva il bene e camminava sull’acqua”), una ‘top escort’ dell’Est dalle inaspettate doti canore, un marito tradito sognatore e musicista, a svettare è la straordinaria bellezza dei luoghi, tra spiagge incontaminate e fari dal panorama mozzafiato. A condire il piatto, le belle musiche, che per il regista-attore lucano sono l’accompagnamento essenziale della sua vita artistica e non (qui affidate alla vena creativa di Rita Marcotulli con l’innesto di una canzone della cantautrice pugliese Erica Mou e di due brani scritti da Papaleo ed eseguiti da un sorprendente Scamarcio).
Effettivamente il film sembra davvero aderire a quella poetica ribattezzata da Papaleo con il termine di verosimilismo ovvero qualcosa un po’ sopra le righe ma comunque credibile. Una piccola impresa meridionale è però una commedia solo in apparenza lieve ma in realtà costellata da momenti “di peso” in cui si toccano temi come omosessualità, prostituzione, divorzio e con alcune sequenze oniriche riuscite (un funerale e un matrimonio) in cui il regista-protagonista man mano fa un passo indietro per lasciare la scena a un gruppo di attori che riescono a dare il meglio. Da una grande Giuliana Lojodice perfetta nei panni della mamma del Sud aggrappata a pregiudizi granitici, a uno Scamarcio cornuto e canterino, da una Barbora Bobulova prostituta in pensione, fino a una Sarah Felberbaum donna di servizio dell’Est perfettamente caratterizzata e a una Claudia Potenza che ha avuto l’onore di cornificare proprio Scamarcio.
Una ‘piccola impresa’ che è anche una piccola provocazione perché, come è stato notato, le due parole del titolo possono sembrare un ossimoro per un Meridione spesso considerato incapace di essere imprenditoriale. Invece la Meridionale Ristrutturazioni S.r.l.s. (Società a responsabilità limitatissime!) chiamata a ristrutturare un tetto da cui filtra acqua come un colabrodo, con l’aiuto di tutti gli abitanti del faro, riuscirà nel miracolo di ristrutturare persone e cose creando un piccolo rifugio paradisiaco.
Certo, il finale rischia di inciampare nella retorica del ‘politicamente corretto’ quando si tenta di lanciare una frecciata ai pregiudizi duri a morire sull’omosessualità ma è una debolezza che tutto sommato non sporca più di tanto il colorato acquarello che si pone certamente diversi gradini sopra il monocorde panorama della commedia nostrana.

Elena Bartoni
 

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