Vado a scuola – Recensione
“Un bambino, un insegnante, un libro, una penna possono cambiare il mondo” parola di Malala Yousafzai, la ragazzina pakistana 12enne, che da anni si batte per il diritto allo studio delle donne, vietato dai talebani nel suo paese ed è proprio questo diritto ad essere preso in causa nel documentario Vado a scuola, dando la parola direttamente ai bambini.
A cavallo fra Africa, Asia ed America del Sud, quattro sono le vicende raccontate: quella del keniota Jackson, 10 anni, che per andare a scuola deve fare circa 15 km e ci impiega 2 ore, quella di Samuel, indiano di 11 anni che per recarsi a scuola deve fare 4 km e parte più di un’ora prima; Zahira, 12enne marocchina che per percorrere 22 km ed arrivare a scuola ci impiega 4 ore ed infine Carlos, 11enne argentino che parte un’ora e mezza prima a cavallo per poter raggiungere la scuola, posta a 18 km di distanza dall’altopiano dove abita con la famiglia.
Per questi ragazzini, la scuola rappresenta quell’unica probabilità di salvarsi ed avere una vita più dignitosa, ed è per questo che nel loro letterale peregrinare in direzione dell’istruzione, infondono nel tragitto speranza, buona volontà ed impegno. Spontanei davanti alla macchina da presa, gli adolescenti protagonisti hanno così raccontato e mostrato com’è la loro vita di tutti i giorni, le difficoltà che incontrano nel loro percorso ed in particolare quelle imposte dalla natura.
La Madre Terra è l’antagonista principale della pellicola. Zahira e le amiche con forza e determinazione affrontano gli altopiani sassosi del Marocco, il piccolo Samuel, costretto in sedia a rotelle viene aiutato dagli amici che dovranno occuparsi degli elefanti che intralciano il loro passaggio ed infine ad accumunare le storie, la debilitante minaccia del caldo.
Questo road movie si rivela quindi essere un’odissea, con una meta appena accennata. La scuola infatti, considerata quasi come fosse un miraggio, è la gratificazione finale, ma nel film sembra assumere dei contorni quasi irreali, o meglio, ponendo in macchina i volti dei ragazzini, il documentario perde un po’ di quella realtà e spontaneità da loro dimostrata, aumentando troppo l’elemento positivismo del film e facendolo per questo, sembrare una favola, con il classico lieto fine e la morale.
Nonostante ciò il film risulta audace, tenace e coraggioso, proprio come i suoi protagonisti. Vado a scuola è un documentario certo, ma il regista Pascal Plisson è riuscito a crearne una pellicola sempre più assomigliante ad un film, che regala emozioni rispetto alla freddezza degli sguardi in macchina (presenti, ma pochi) e della voce fuori campo a cui si associa solitamente questo genere cinematografico, dando vita così ad un racconto poetico, che grazie al miscuglio di realtà e finzione mantiene in perfetto equilibrio l’attenzione dello spettatore, coinvolgendolo in prima persona nelle storie raccontate, fra azione, avventura e dramma.
Alice Bianco