Veloce come il vento – Recensione
Aveva già provocato lo spettatore, forse quello più di nicchia, con Un gioco da ragazze (2008) e Gli sfiorati (2012), ma ora il giovane regista romano, Matteo Rovere torna sul grande schermo con un’altra storia di ossessione, quella per le quattro ruote e il rombo dei motori e lo fa sempre con gli occhi delle giovani generazioni.
La storia infatti, è quella di Giulia De Martino (Matilda De Angelis), una 17enne che vive in una cascina nella campagna dell’Emilia Romagna con il fratellino Nico. Alla morte del padre e senza una madre, è costretta a rimboccarsi le maniche e continuare a gareggiare con la sua amata auto per non perdere le eredità del padre: la casa e l’officina. A ricomparire sulla scena è però il fratello maggiore Loris (Stefano Accorsi), un’ex leggenda dell’automobilismo da rally, diventato un tossico, che decide di far da tutore e non solo, al fratellino e a Giulia, che si trova così a gestire lo sfratto, Nico e il ‘fratellone’ irresponsabile.
“Ho una vera passione per i motori. Era da anni che coltivavo l’idea di fare questo film” e Rovere ha deciso così, traendo spunto da una storia vera, quella del pilota Antonio ‘Tonino’ Dentini, di dar vita ad una vicenda familiare ancorata alla miseria e al degrado, graffiante, dolorosa, ma con rabbia e ostinazione, pronta a darsi un tono, a redimersi.
Il rombo dei motori è proprio quello che ha ‘spento’ Loris, un ‘ballerino’ che ha smesso di danzare cadendo nel tunnel della droga, ma che rivive nella nuova generazione, quella di Giulia, cresciuta senza madre, accanto ad un padre, suo coach nelle gare automobilistiche, da sempre vissuta in mezzo al grasso degli pneumatici, all’olio e alla benzina.
Di lei non si sa molto, tutta casa e pista, senza una vera e propria adolescenza, costretta a crescere in fretta, a fare da mamma al più piccolo di casa e con l’arrivo di Loris, anche al più grande; tentazioni e vizi, è fatta di questo invece, la nuova vita dell’ex leggenda dell’automobilismo, che da approfittatore evolve, cercando di voler bene alla famiglia ritrovata e redimersi, anche se a modo suo.
Veloce come il vento è ben più di un Fast & Furious all’italiana, Stefano Accorsi si cimenta in un tipo di personaggio del tutto nuovo, a tinte forti, che dimostra come da giovani, sbagliare si può, fortifica, quello che impara l’esordiente Matilda De Angelis, una Giulia troppo intelligente e con la testa sulle spalle, la parte drammatica e seria in contrapposizione all’ironico e cinico fratello.
Anche per Rovere è il momento di riscattarsi, con Veloce come il vento il regista, riesce infatti a raggiungere un pubblico maggiore, quello degli appassionati delle corse automobilistiche e non. I cinefili apprezzeanno infatti anche la regia ben curata, attenta ai dettagli, ricca di primi piani, che va a braccetto con un’altrettanta potente fotografia.
Assieme ai colleghi Filippo Gravino e Francesca Manieri, Rovere ha dato vita così ad un film dinamico, con una narrazione forse un po’ troppo intervallata dalle emozionanti corse mozzafiato nei circuiti automobilistici, che prima di evolvere e concludersi, gira su se stessa, ma comunque in grado di riservare una storia stimolante e riflessiva.
Alice Bianco