Viaggio nell’isola misteriosa – Recensione
Aprite bene gli occhi, la fantastica avventura continua! Dopo Viaggio al centro della terra del 2008 (uno dei primi film a sfruttare la tecnica tridimensionale) arriva il sequel, ancora in 3D ma con cambio di regia e di attori (a parte il protagonista).
Viaggio nell’isola misteriosa segue ancora le vicende dell’intrepido giovane esploratore Sean Anderson (Josh Hutcherson), ora diciassettenne, che riceve un messaggio criptato da una misteriosa isola che non dovrebbe esistere. Dal momento che non riesce a trattenere Sean a casa, Hank (Dwayne Johnson), il nuovo marito di sua mamma (Kristin Davis), decide di seguirlo per cercare di risalire da chi e da dove è stato mandato. Il ragazzo è convinto che potrebbe essere stato inviato da suo nonno Alexander (Michael Caine), partito tempo prima alla ricerca di un’isola misteriosa descritta nei romanzi di Jules Verne. Dietro le insistenze del ragazzo, Sean e Hank partono alla ricerca dell’isola aiutati dal pilota di uno scassato elicottero, Gabato (Luis Guzmán) che, con la bella e determinata figlia Kailani (Vanessa Hudgens), accetta di correre il rischio di accompagnarli. La squadra riesce a individuare l’isola e a trovare il nonno di Sean ma scopre che quel posto così meraviglioso è destinato a inabissarsi facendo scomparire per sempre i tesori che contiene. Il gruppo di avventurieri deve trovare al più presto una via di fuga.
Una vera fantasticheria, puro e semplice “parco delle meraviglie”.
Il primo episodio di quella che si annuncia come una serie, Viaggio al centro della terra, fu il primo lungometraggio a sfruttare una diavoleria chiamata Fusion System, una tecnica di ripresa sviluppata da James Cameron e dal direttore della fotografia Vince Pace che comprende due cineprese 3D ad alta risoluzione montate una vicina all’altra per simulare l’occhio destro e l’occhio sinistro dello spettatore, ottenendo così una vera replica dell’occhio umano. Utilizzando ancora questa tecnologia per il secondo capitolo delle avventure del giovane Sean, il regista Brad Peyton ci fa entrare di nuovo nel sogno. E così sembra davvero di toccare con mano le meraviglie della leggendaria Atlantide o di essere colpiti vicino agli occhi dagli oggetti lanciati verso la macchina da presa. Gli autori del soggetto, Richard Outten, Brian e Mark Gunn, attingono e “frullano” diversi spunti dai libri di Jules Verne “L’isola misteriosa” e “Ventimila leghe sotto i mari” insieme a suggestioni prese da “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson e “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift.
Seguendo le idee di Verne, che si basava sempre su una singolare “scienza” molto in anticipo sui tempi, si fa perno sull’imprevedibilità di ciò che ci è familiare. E così si fa apparire bizzarro il normale, raccontando un mondo fantastico ma con basi realistiche. Nell’isola misteriosa ci sono cose sorprendenti, ma non si tratta di un universo inventato: fauna e flora sono riconoscibili ma dalle proporzioni alterate.
Montagne d’oro, vulcani attivi, grandiose città disabitate e poi lucertole enormi, elefanti piccolissimi, farfalle grandi e colorate, mega murene capaci di (provvidenziali!) grandi scariche elettriche, e poi (l’invenzione più bella) api giganti sul cui dorso si può salire e farsi portare in volo. E via alla sfrenata avventura. L’invito è rivolto soprattutto a bambini e ragazzi (rigorosamente under 16) ma anche ai genitori che vorranno accompagnarli.
Ci assale però un dubbio: il “rischio noia” dell’operazione serialità dichiarata fin troppo scopertamente nel finale. Certo è che si cavalcherà l’onda dell’avventura per un altro episodio almeno. L’epilogo con il nonno che regala al nipote una copia del libro “Dalla terra alla luna” di Verne ammicca infatti chiaramente a un prossimo viaggio nello spazio. E se la mammina è un po’ in ansia al solo pensiero, basta tranquillizzarla, in fondo “cosa può andare storto? è solo la luna!”. Ma gli spettatori saranno ancora pronti a un nuovo viaggio?
Elena Bartoni