Whiskey Tango Foxtrot – Recensione
Un’inviata di guerra particolare, una zona delicatissima del mondo tra il 2003 e il 2006: una donna al bivio (della carriera come della vita privata) catapultata in uno scenario ‘folle’,
Whiskey Tango Foxtrot racconta una storia particolare: quella della giornalista di una tv via cavo Kim Baker (Tina Fey) che, accortasi che alla sua vita manca qualcosa, compie una scelta drastica partendo per una delicata missione in Afghanistan. In breve la donna si trova lontana dalla sua solita vita americana e catapultata in un universo fuori dalle righe composto da giornalisti, tecnici, interpreti, mediatori, avventurieri, militari, signori della guerra e a un caos pazzesco. Di giorno nella zona di guerra costellata da pericoli, di notte nella vita festaiola dei corrispondenti di guerra.
Può sembrare incredibile ma il film racconta una storia vera, basata sul libro autobiografico della giornalista del “Chicago Tribune” Kim Barker (che nel film è diventata Baker) “The Taliban Shuffle: Strange Days in Afghanistan and Pakistan” che racconta i suoi tre anni di esperienza come corrispondente di guerra. Whiskey Tango Foxtrot (espressione militare il cui acronimo WTF sta per “What the Fuck”) è una pellicola particolare, una commedia dark con forti venature politiche.
Sceneggiato da Robert Carlock e co-prodotto dalla stessa protagonista Tina Fey, il film è diretto a quattro mani dalla coppia di registi Glenn Ficarra e John Requa (che insieme hanno già firmato le commedie Colpo di fulmine – Il mago della truffa e Focus – Niente è come sembra).
L’attrice Tina Fey, nota per lo più per ruoli comici (prima autrice e attrice del “Saturday Night Live, poi star della sit-com “30 Rock” per cui ha ottenuto una pioggia di Emmy e Golden Globe), è perfetta nel rendere le altalene emotive delle protagonista, una donna che alterna sentimenti contrastanti come paura, adrenalina, sopraffazione, sicurezza in sé e nei suoi mezzi. In un’altalena di emozioni forti, catapultata nel mezzo di una zona di guerra, la reporter comincia ad abituarsi a quello stato di costante pericolo in uno scenario dove molti giornalisti sono disposti a fare di tutto per un servizio esclusivo da consegnare alla propria emittente. E così, i tanti orrori della guerra diventano merce di scambio in un mondo dove tutto si può comprare.
Ma tra bombardamenti ed esplosioni ci sono anche feste e balli scatenati, che contrastano con un paese dove le donne non dovrebbero neanche mostrare il volto. E la cosa più riuscita del film è proprio il ritratto di un universo pieno di paura e allo stesso tempo umorismo (il libro della Baker è lungo circa 400 pagine e non era facile condensarle in 112 minuti di film), una lucida visione della follia di certe zone di guerra che può richiamare un capolavoro come Mash di Altman o il più recente Three Kings di David O. Russell.
“Volevo immortalare questa combinazione di vivere e fare festa intensamente e pericolosamente, di vedere la ridicolaggine di tutto mentre si è spaventati per la propria vita. Il libro ha un umorismo meravigliosamente nero perché questo è il modo in cui le persone fanno fronte a situazioni di questo tipo e questo era importante da catturare sullo schermo” ha sottolineato lo sceneggiatore.
E a far da contorno alla protagonista, un gruppo di ‘maschere’ degne della miglior commedia: dal Procuratore Nazionale fresco di promozione, campione di ipocrisia, musulmano con tutti i crismi che però non disdegna le grazie della giornalista occidentale (interpretato da un grande Alfred Molina), alla bella collega giornalista, biondissima, arrivista e sboccata (Margot Robbie), all’incorruttibile generale dei Marine impegnato in missioni civili (Billy Bob Thornton), fino al fotografo freelance scozzese dall’apparenza volubile (un Martin Freeman perfetto).
Quando entri nella ‘Kabolla’ (in originale ‘Kabubble’, neologismo perfetto coniato dalla Barker) puoi vedere in una nuova luce le tue insicurezze e ciò che non andava nella tua vita (ad esempio un fidanzato non molto innamorato) e, nel tentativo di distrarti e stordirti da quello scenario con feste, alcool e droghe, può accadere che prendi coscienza di te e che inizi a guardare quello che ti circonda con occhi diversi. In breve, ti trovi a vivere in una ‘bolla’ dove la normalità non esiste e dove l’adrenalina ti cattura e ti mette a contatto con un mondo lontanissimo dal tuo, dove non puoi neanche abbracciare un amico per strada.
L’Afghanistan è una terra piena di contraddizioni ma anche ricca di fascino. E così nel film vengono a galla i problemi più scottanti, come quello delle condizioni di assoluta emarginazione in cui vivono le donne (sarà proprio la coraggiosa Kim a scoprire che alcuni pozzi d’acqua venivano sabotati dalle donne di un villaggio per avere la scusa di andare alla sorgente dove concedersi qualche minuto di socializzazione). Ed ecco che la protagonista cade vittima di una strana fascinazione per quel mondo così distante da lei: è come se la sua nuova vita fosse piena di un’adrenalina di cui non riesce più a fare a meno. E sono proprio queste sensazioni forti a fare di Kim una donna nuova e coraggiosa.
Girato in un New Mexico che simula bene un Afghanistan fotografato nel triennio 2003-2006 devastato da anni di guerre e alle prese con un fondamentalismo islamico in cui le donne sono costrette ad andare in giro combinate come ‘sacchi dell’Ikea’ (come osserva la protagonista), Whiskey Tango Foxtrot fa riflettere mentre intrattiene e diverte. Anche quando fa accompagnare la scena di una delicata missione militare dalle note della celebre cover “Whitout You” di Harry Nilsson.
Elena Bartoni