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Wild Bill – Recensione

Il film più applaudito della vetrina della sezione “Focus” del festival del Cinema di Roma è quello che chiude la rassegna. Diretto dall’attore Dexter Fletcher, qui al suo esordio nella regia, Wild Bill ha colpito il pubblico presente alla Sala Sinopoli dell’Auditorium che alla fine è esploso in una standing ovation per il regista presente in sala insieme al giovane interprete del film Will Poulter.
La storia è semplice. Bill Hayward (Charlie Creed-Mills) esce di galera dopo otto anni di detenzione. Tornato a casa in un quartiere degradato dell’East End di Londra ritrova i due figli, Dean (Will Poulter) di quindici anni e Jimmy (Sammy Williams) di undici, abbandonati dalla madre che è scappata in Spagna col suo nuovo compagno e ormai abituati a cavarsela da soli. Dean, costretto a crescere in fretta, lavora in un cantiere e si occupa in tutto e per tutto del fratellino. I due vivono nell’ombra per evitare controlli dei servizi sociali. Alla vista del padre che li ha lasciati quando erano piccoli, Dean lo caccia di casa deciso a non volerlo più vedere. Ma un gruppo di assistenti sociali mette alle strette Bill che è costretto a restare. Dean accetta che il padre resti, almeno fino a quando i servizi sociali avranno deciso di non dare in affido i due ragazzi. Mentre Bill, pur provocato da Pill, boss del quartiere che vorrebbe allontanarlo, cerca di trovarsi un impiego umile ma onesto e cerca con fatica di abituarsi al ruolo e alle responsabilità di padre, il piccolo Jimmy viene coinvolto da Pill che gli affida alcuni lavoretti illegali. Una sera, il bambino, per non essere arrestato dalla polizia butta via della droga che aveva nelle tasche. Per risarcire il boss commette un furto. Solo l’intervento del padre salva il piccolo obbligandolo a restituire la somma rubata. Sulla testa di Bill ora pesa la minaccia di Pill e dei suoi uomini. Ma l’uomo riuscirà a utilizzare la sua rabbia repressa finalmente per una giusta causa: allontanare suo figlio dalla criminalità per evitare che cada nei suoi stessi errori.
Rude Bill, silenzioso Bill, ‘selvaggio Bill’, come un animale tenuto in gabbia troppo tempo, un uomo reso duro dai colpi bassi di una vita difficile. Gli occhi spenti, l’espressione dura, disillusa, Bill è un uomo chiuso nel dolore di un passato che segna anche il presente ma che suonerà da riscatto utile al recupero degli affetti familiari. Un passato fatto di droga, soldi sporchi, furti e rapine. Di “wild” Bill ha molto, come selvaggia e dal sapore western è la liberatoria scazzottata finale con i soliti ‘delinquenti del quartierino’.
Con uno sguardo a Ken Loach e con qualche citazione al Guy Ritchie di Lock & Stock – Pazzi scatenati, di cui peraltro Fletcher è stato attore, il regista firma un piccolo gioiello riuscendo a mantenere perfetto l’equilibrio tra inferno e redenzione, violenza e dolcezza, paura e coraggio, durezza e ironia, accompagnando la parabola con affascinanti sonorità Dub e Northern Soul.
Prima della proiezione, il regista presente in sala, ha sottolineato come il cinema inglese parli quasi sempre di gangster e droga e di come il suo film contenga “un bel po’ di questa roba”, ma ha anche voluto ribadire come il suo interesse principale siano i rapporti umani. Temi da sempre universali, come la violenza e la durezza ma anche l’umorismo e la speranza che rendono il suo film qualcosa di diverso e lontano da quei registi inglesi con cui ha certo più di una somiglianza. Il neo regista ha dichiarato di averci messo il cuore, e, dopo la visione del film pensiamo che sia doveroso credergli.
Un film quasi perfetto incorniciato da un finale sorprendente: profondo, sofferto e per nulla consolatorio, con quel primo piano sullo sguardo del ‘selvaggio Bill’ dolente si ma anche tenero ed emozionato. Gli occhi umidi di un padre fiero, nonostante tutto.
Seneca, poeta latino lontano ma attualissimo, scriveva: “Finché hai vita devi imparare a vivere”. Niente di più vero. Anche e soprattutto per ‘wild Bill’.

Elena Bartoni

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