X-Men: Giorni di un futuro passato – Recensione
Nel 1973 la mutante Mystica uccise Bolivar Tusk, scienziato ostile alla sua specie, e così facendo generò un futuro privo di speranza. Braccati e sterminati da un umanità dispotica, ora in grado di contrastarne i poteri tramite armi invincibili, i mutanti sono sull’orlo dell’estinzione. Pochi ancora vivono e lottano. Grazie ai poteri di Kitty Pride, Wolverine è spedito nel 1973 (per la precisione la sua coscienza torna nel corpo fisico posseduto all’epoca) per fermare Mystica e mutare il corso degli eventi. Anche Magneto sarà alleato indispensabile. Sono trascorsi 12 anni dall’ultima occasione in cui Bryan Singer diresse sul grande schermo i popolari super-outsider partoriti dalla fantasia dei fumetti di casa Marvel. Attesa ripagata con un’avventura fantascientifica scattante ed inventiva, divertente con malizia, sorretta dalla duttilità di una regia che dosa in maniera certosina gli spunti di riflessione, l’introspezione e l’(auto)ironia. Nel turbine di azione ed adrenalina, forse sovraccarico quantitativamente ma inattaccabile quanto a qualità della messinscena (il prologo è un’ideale anticipazione della maestria coreografica da cui saremo catturati) è infatti integrato a meraviglia il contrappunto umoristico, se non comico. Vedere la prova di Evan Peters sullo stralunato Quicksilver, tanto accattivante da provocare assuefazione nel breve spazio concessogli dalla sceneggiatura. I personaggi al centro della trama hanno ovviamente la giusta attenzione, impersonati da interpreti impegnati a fondo nel portarne avanti i percorsi esistenziali e caratteriali. Carismatico ed incisivo James McAvoy sul giovane Charles Xavier, Michael Fassbender è un Magneto giovane di misurata imponenza, e Hugh Jackman calza ormai come un guanto nei panni Wolverine al punto da farlo immaginare dotato di artigli anche nella vita reale. Corretto, efficace (non di più) il Bolivar Tusk del sempre bravo Peter Dinklarge, mentre Jennifer Lawrence continua a non sfigurare su Mystica. Spettacolo di alta classe, da non perdere anche a prescindere dal non indispensabile, e per fortuna mai fastidioso 3D.