Recensione di: L’ Altra Verità
Nelle sale dal 20 Aprile l’ultimo film di Ken Loach che, dopo la brillante commedia Il mio amico Eric (2008), torna ad occuparsi di importanti tematiche sociali. Fergus e Frankie sono due amici inseparabili sin da bambini. Da adolescenti q il loro passatempo preferito era quello di marinare la scuola e passare le giornate a bere sul traghetto del fiume Mersey. Divenuti adulti Fergus diventa un soldato delle SAS, forze speciali inglesi e, una volta congedato, ha convinto l’amico Frankie (ex paracadutista) ad andare in Iraq con lui. Frankie accetta così la proposta dell’amico di unirsi alla sua squadra di contractor a Bagdad per dieci mila sterline pulite al mese. Ma la vita in guerra è burrascosa e travagliata, e Frankie viene ucciso nella strada più pericolosa del mondo, la Route Irish (che da il titolo originale al film) in un pomeriggio di fine estate. Fergus non si da pace e, non credendo alle dichiarazioni ufficiali, inizia una sua personale ricerca della verità, affiancato dalla vedova dell’amico. In questo film, come già nel lontano La canzone di Carla del 1996, Loach torna a rappresentare un macrocosmo dove potere economico e potere militare si intersecano in maniera perversa fagocitando il fragile microcosmo umano. Ci troviamo quindi di fronte ad un’aperta denuncia, rafforzata ulteriormente dalla storia di una profonda ed indissolubile amicizia. Il regista ci pone davanti diverse problematiche: il guadagno, la fame di soldi, il dolore, quello di un amore non vissuto e quello che si prova per una persona che si perde, la voragine che assale e non ti lascia più. Ma lo fa rendendo il suo protagonista un vendicativo, guidato dal rancore e dalla voglia di giustizia, che finisce per comportarsi come le persone a cui dà la caccia. Tuttavia la sua è una vendetta che ci viene presentata come necessaria ed affatto appagante, Loach infatti ha sempre condannato qualsiasi forma di violenza. Questo thriller atipico, in cui l’indagine è ulteriormente complicata dall’impossibilità di recarsi in Iraq, si configura più come un dramma che racconta una storia cruda e senza speranza, dove non ci sono vincitori né vinti. Un film buio, tinteggiato con i colori della città di Liverpool piovosa e malinconica, che si scontrano con l’assolata e sanguinaria Bagdad, caratterizzato da un finale emblematico.
Sara D’Agostino