The Accountant – Recensione
Gavin O’Connor, il regista tra gli altri di Warrior (2011), torna al cinema con un altro film tosto, che non usa mezzi termini ed ancora una volta mette in scena il rapporto burrascoso tra padre e figlio, così come quello tra fratelli, in una rocambolesca avventura nel mondo della contabilità a servizio del malaffare. Una pellicola, nonostante il tema, per nulla pedante, volta a divertire e coinvolgere il pubblico.
Al centro della vicenda, Christian Wolff (Ben Affleck) un genio matematico affetto d’autismo, che lavora sotto copertura in un piccolo studio come contabile freelance, lavorando in verità al soldo di pericolose organizzazioni criminali internazionali. Nonostante abbia la Divisione anti-crimine del Dipartimento del Tesoro alle costole, accetta l’incarico di un nuovo cliente: una società di robotica, dove Dena (Anna Kendrick) una delle contabili, ha scoperto una discrepanza nei conti di milioni di dollari. Non appena Christian inizia a svelare il mistero, il numero delle vittime cresce.
Da Gotham City alla piccola cittadina americana, Ben Affleck sveste i panni di Batman, ma in abiti civili ritorna a fare l’eroe. Il suo super potere è quello della concentrazione e del sapere ritrovare il bandolo della matassa in un marasma di conti, portando sempre a termine il proprio lavoro. La sua arma segreta? L’educazione militare imposta dal padre generale.
”Non farti mettere i piedi in testa da nessuno”, ”Se ti picchiano, difenditi”, questi i consigli che fin da piccolo accompagnano Christian nel vivere la sua vita. ”Tutti prima o poi della diversità si stancano” altra frase che il padre gli ripeteva spesso, ma è proprio grazie al suo ”non essere come gli altri”, che deriva quel suo essere speciale e unico.
La sua diversità diventa così professione e arte… a servizio della criminalità. Christian ne approfitta, ma in cuor suo non è malvagio. Nessuno è veramente spietato in The Accountant, l’idea di fondo è quella di giustizia, di agire in malo modo ma per una giusta causa e tutti i personaggi hanno un loro passato o un lato, oscuro.
L’unica forse ad essere sopra le righe è Dena, interpretata da una brillante Anna Kendrick, che grazie al linguaggio comune dei numeri, vede in quel suo carattere così fragile, il buono e lo speciale di Christian. Le scene con protagonisti lei e Ben Affleck sono le poche ironiche del film, ma necessarie, per una pellicola che è azione pura, costruita man mano.
Il giustiziere della notte Ben Affleck, tolti gli occhiali da contabile, diventa un ”punisher” molto bravo, ma ancora una volta, pronto a dare il meglio di sé. L’esplosivo finale, nasce proprio dal tentativo del suo cliente di fermarlo prima di aver messo fine alla missione, per lui, cosa inaccettabile.
Ottimo anche il lavoro di Gavin O’Connor, che mette ancora a segno dopo Warrior, un film costruito su principi morali, etici e famigliari, scene d’azione, di sofferenza e riconciliazione: un’esplosione di traumi, violenza e azione, ben strutturati e con una narrazione ricca e solida.
Alice Bianco